Maturità, ci risiamo – Le sconcertanti affermazioni dei maturandi d’Italia

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Come ogni anno, non c’è Esame di Maturità che si rispetti senza annessi strafalcioni. Indubbiamente, leggere una dopo l’altra le più atroci bestialità non può che arrecarci un po’ di buon umore che, di questi tempi avari di sorrisi, fra guerra, pandemia, siccità e chissà cos’altro, tutto sommato non guasta nemmeno. Se, però, proviamo a mettere da parte le nostre risate divertite ci rendiamo conto che lo stato della scuola italiana non versa in condizioni propriamente ideali.

Ciò che le cronache di questi giorni non ci riportano e se poi, di fronte a tali enormità, i membri delle commissioni esaminatrici abbiano deciso di agire conseguentemente, impedendo ai maturandi incriminati di raggiungere la ragione pe la quale si trovassero seduti di fronte a loro ritenendoli, a tutti gli effetti, inidonei. Insomma, la vera questione è se sia possibile scegliere di promuovere ad ogni costo, e quindi Diplomare, a prescindere da lacune tanto profonde. Detto in soldoni, la vera curiosità sarebbe qui capire se perlopiù, in questi casi, l’atteggiamento adottato dalle Commissioni sia quello di soprassedere, oppure, al contrario di non transigere rispetto a tali imbarazzanti vuoti formativi; o ancora più esplicitamente, quanti ragazzi corrono il rischio serio di non superare l’Esame nonostante prove modeste, se non persino insufficienti?

Passando in rassegna i clamorosi errori in cui sono inciampati alcuni studenti ha fatto molto scalpore l’aver scoperto che ci sia chi, a discapito di un intero anno scolastico trascorso a studiare e ad approfondire la storia del Novecento, si presenti alla Maturità affermando che Mussolini fosse Comunista e non il Duce d’Italia e simbolo del ventennio fascista. Sempre secondo alcuni, Mussolini sarebbe poi morto in seguito a decapitazione. Che cosa vogliamo dire del poeta Gabriele D’Annunzio, vate d’Italia e incarnazione del più sfrenato vitalismo estetizzante, scambiato grossolanamente per “semplice” estetista, con tutto il rispetto parlando per questa straordinaria professione. Ma la lista degli orrori non finisce certo qui. Per qualcuno, il discusso Primo ministro del Regno d’Italia di fine Ottocento non è altri che Francesco Renga anziché Francesco Crispi, che ben inteso, con il primo condivide solamente il fatto di avere il medesimo nome di battesimo. Per chi non lo conoscesse, il Renga in questione è un cantante di musica leggera, famoso anche per essere stato, per un certo periodo, sposato con Ambra Angiolini. Risorgimento e Rinascimento sono per tantissimi praticamente la stessa cosa, mentre borghesia e aristocrazia addirittura termini sinonimi. Per non parlare di Destra Storica e Sinistra Storica, liquidate genericamente come corrispondenti la prima al Fascismo e la seconda al Comunismo e non come le correnti del Parlamento italiano post-risorgimentale. Che dire, invece, del sommo poeta Dante Alighieri che, a sua insaputa, avrebbe scritto i Promessi Sposi, o della Senatrice Liliana Segre, oggetto di odio e pregiudizi razziale per essere di pelle nera e non invece per essere la memoria vivente della tragedia dello sterminio degli Ebrei durante l’epoca nazifascista. Sicuramente, però, di questa maturità ciò che fa maggiormente scalpore è pensare che ci sia qualcuno che non sappia chi sia Sergio Mattarella, il nostro Presidente della Repubblica, eccezionalmente, tra l’altro, al suo secondo mandato.

Ilarità a parte, il quadro che ne emerge è a dir poco desolante. Se queste sono le premesse, siamo proprio sicuri di poterci permettere una scuola e un’istruzione in caduta libera? Getta un certo sconcerto saper che l’Italia si trovi agli ultimi posti fra i paesi dell’Europa per persone in possesso di un Diploma di Laurea. Anche fra i diplomati, la situazione non è più rosea, laddove i numeri non raggiungono quelli di paesi come la Francia o la Germania. L’abbandono e la dispersione scolastica, specialmente in alcune realtà del mezzogiorno, sono ancora un fenomeno drammatico che non sembra conoscere tregua. Ma un paese come l’Italia, che fa parte del G7 e del G20, può permettersi un livello di istruzione così precario?

Alcune indagini sociologiche recenti hanno sottolineato come un italiano su due non capisca propriamente il senso di quello che legge, e fra questi la maggior parte sono persone perlopiù scolarizzate, che hanno cioè regolarmente frequentato quantomeno la scuola dell’obbligo e che pertanto sono in possesso di un Diploma di Scuola superiore.

Il ritardo tecnologico nel nostro paese è un’altra piaga che si spera possa essere superata anche grazie ai finanziamenti legati all’ormai celebre PNRR o Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Ma basterà un investimento in tecnologie avanzate se poi, dall’altra parte, si riscontra un livello assai diffuso di analfabeti funzionali digitali, ovvero di persone incapaci di un approccio anche minimo a qualunque strumento tecnologico?

Il quadro che emerge è a dir poco preoccupante. Inutile osservare che carenze cognitive, educative e formative non possono che allarmare tutti quanti noi. I problemi e i danni delle nostre scuole sono figlie di cattive politiche governative o addirittura dell’assenza di interventi dello stato a sostegno dell’istruzione che subisce tagli da ormai decenni. Come non capire che il primo indice di spesa, per un paese che voglia davvero guardare avanti, non può che essere legato ad investimenti nella scuola e nella cultura? Senza questa progettualità il destino di un paese sarà inevitabilmente segnato in partenza e diretto verso un pericoloso declino. Se, perciò, come paese e come stato, non vogliamo condannarci ad avere un ruolo sempre più marginale, occorre rimettere al centro dell’azione politica la scuola.

E allora se è indubbio che a tutti noi piaccia ridere, non sottovalutiamo le incresciose prestazioni dei nostri studenti maturandi perché sono loro il nostro futuro. Fra un sorriso ed un altro poniamoci la domanda se quelle uscite disastrose siano solo casi eccezionali e non invece un monito da tenere bene a mente affinché il futuro del nostro paese non debba ridursi con l’essere un desolante “Io speriamo che me la cavo”.